Il Mondo di Eugenio Tomiolo (E.T.)

Opere Grafiche

100 Disegni di Eugenio Tomiolo
Introduzione critica di Francesco Porzio, 1933 - 1983
(IL MERCANTE DI STAMPE - MILANO)

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La voce di Eugenio Tomiolo è fra le più autentiche negli ultimi cinquanta anni dell'arte italiana, ed è augurabile che la critica - così sollecita nel condurre agli altari altri pennelli, talora un poco sfìlacciati - si risolva a pagarle per intero il tributo che le spetta. La lacuna da colmare è vistosa: Tomiolo è conosciuto, stimato, ma non abbastanza; certo lo è assai poco a fronte della ricchezza e della vastità della sua ricerca. E' possibile, dunque che anche nell'occasione di questa mostra antologica di disegni si consumi il rituale ormai avvilente (per la critica, intendo) della scoperta o riscoperta di Tomiolo; il quale dal canto suo risponderà, come sempre, seguitando ad alimentare con amore il complesso di una opera che conta già da tempo una ricchezza di forme e una diramazione di tecniche degne di pochi confronti. Del resto Tomiolo ha conosciuto sensibili estimatori, e non di poco conto. Non è il caso, qui, di ricordarli tutti; basti menzionare Claude Roger-Marx (che definì l'artista «un inspiré comme on en compte peu non seulment en Italie mais dans toute l'Europe ») e il suo miglior esegeta ed amico, Franco Loi: anch'egli poeta vero e ispirato che ha voluto (o forse dovuto, proprio in quanto vero poeta) abitare fuori della gran macchina culturale e della piccola logica di potere che ad essa presiede; anch'egli, come il nostro pittore, partecipe di una cultura la cui profondità è pari alla capacità di farla vivere, pulsare di rinnovata energia; quasi che entrambi, messe al bando toghe e accademie, preparassero la strada a una riconsiderazione dell'uomo nella sua divina e misteriosa ricchezza e integrità, smarrita col sopraggiungere della razionalità astratta dell'evo moderno. Anticipo questa, che è forse la chiave di lettura più generale dell'opera di Tomiolo, per dare subito una misura della sua ricerca; e aggiungo, per non scendere di tono, che essa solleva fra le altre due questioni essenziali dell'operare artistico: il problema dello stile e della sperimentazione.

Tocchiamo qui due aspetti che in Tomiolo assumono il valore di un'endiadi, giacché nel pittore veneziano lo stile, forse più che in ogni altro artista, è per così dire sostanza di sperimentazione; ove però s'avverta, di tale parola, l'etimo latino che si lega a periculum (esperimento, rischio): scommessa giocata su se stessi, e non sul banco di un'ideologia o di un'estetica fra le molte che offre il campionario contemporaneo.

Si badi che la questione è essenziale per comprendere l'arte di Tomiolo, così spesso travisata, o comunque non colta nel suo giusto valore: eclettica, troppo eterogenea, scomoda, difficile, non classificabile insomma. Ma il problema non è suo, è nostro. Gli elementi della pittura, ha scritto Tomiolo in un fuggevole appunto, «non possono essere presi a prestito da altri linguaggi pittorici nel tempo e nella personalità, ma direttamente dal linguaggio parlato e vivente ... » Una diffusa pigrizia intellettuale ci impedisce spesso di accettare un artista veramente libero da schemi precostituiti, capace di porsi direttamente a petto delle cose; e non voglio intendere tale affermazione nel senso vuoto e generico tante volte impiegato nei convenevoli critici di ogni livello. Mi riferisco a schemi storicamente individuabili, a poetiche e correnti figurative cui hanno aderito e aderiscono in varia misura gli artisti di questo secolo, dalle avanguardie parigine a oggi. Nonché porsi al di fuori di esse costituisca di per sé un titolo di merito; ma l'evento è così raro da spaesare l'osservatore.

Del resto anche Tomiolo sa che l'arte si sviluppa soltanto entro una regola cui opporsi; il suo coraggio, forse, consiste nell'inseguire tale regola su un piano più misterioso e profondo, assumendole tutte e nessuna in un'avventura incessante. Così la sua opera appare, vista in prospettiva, come un grande e fervente cantiere nel quale si esercita una libertà di sperimentazione ben più ampia di quella possibile all'interno di un «ismo» autoimposto, e dunque più complessa e rischiosa: più simile, forse, nella sua innocente disponibilità, a quella di un artista antico; ma operante, paradossalmente, su un campo d'azione teoricamente illimitato.

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