Il Mondo di Eugenio Tomiolo (E.T.)

Scritti vari


da Autobiografia di Franco Loi


"DA BAMBINO IL CIELO", ed. Garzanti 2010, a cura di Mauro Raimondi
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Pag. 209 e seguenti

Raimondi:

Gli anni Cinquanta sono stati importanti anche per la svolta artistica, per il movimento innovatore che ha coinvolto la pittura italiana. Hai frequentato molto i pittori. Puoi parlarmi di qualcuno?

Loi:

Uno su tutti, Eugenio Tomiolo, che dopo Trasanna è stato l'altro mio grande maestro. Gli sono riconoscente per tante cose, come la comprensione delle tecniche dell'arte e la lettura dei quadri. Ma è stato anche importante per la mia cultura: devo a lui l'introduzione alle culture orientali, la prima conoscenza del Tao, di Chuang Tse, del Mencio, dei grandi libri indiani, ma soprattutto l'avvio alla penetrazione del grande problema religioso. Tomiolo non era solo un grande artista, ma un grande affabulatore, una fucina d'idee, in modo diverso da Giulio, poiché sapeva suscitarle. A differenza di molti pittori, che in genere non hanno una grande cultura, Enio leggeva e faceva leggere.

Come tutti o la maggior parte dei pittori, ha avuto una vita avventurosa, con inizi difficili e stentati. Prima ha vissuto a Roma il periodo degli anni Trenta di Scipione, Mafai, Guttuso, e poi, dopo la parentesi della guerra, la Milano del realismo o del neorealismo e dei grandi movimenti formali. E' stata soprattutto la sua arte a farmi intendere il fare artistico come incessante lavoro e attenzione, non tanto alle forme – lavoro dato per scontato -, quanto all'essenza delle cose ed alla necessità dell'esperienza. Per analogia, compresi più concretamente l'approccio alla scrittura.

Certe sue osservazioni - «l'arte moderna non esiste mai; perché ciò che pertiene alla moda appartiene alla morte», o «la religione è l'unica aristocrazia del reale», oppure «la forma formante è la reazione dell'individuo al cosmo, all'universo», e ancora «o ci si mette in rapporto con il Verbo o si trova il caos» - ascoltate in gioventù erano come scosse, spinte verso un altro ordine di conoscenze, dopo l'indigestione di marxismo e materialismo. Il suo fare artistico, fosse disegno, incisione o pittura, mi fece comprendere la creatività come segno-colore o come puro segno. Passavo con lui giornate intere nel suo studio o a casa mia, e spesso nello studio dipingeva o disegnava, e io scrivevo, mentre parlavamo.

Tomiolo ha scritto anche delle belle poesie. Ci sono versi suoi che possono essere riportati in qualsiasi antologia del Novecento. Basta a darne un'idea questo distico veneziano: «Cossa me piasaria far na poesia / lisiera che restasse su par l'aria». Con i suoi disegni ho fatto stampare il mio primo libro, I cart.

Era molto attaccato ai suoi quadri. Mi diceva: «Tu ridi perché hai le copie dei tuoi libri, ma quando dai via un quadro hai perso un periodo del fare, un brano della tua vita». Non ha mai voluto un mercante, e questo gli è costato caro quando, scomparsi i critici che avevano parlato della sua opera e gli studiosi che l'avevano conosciuto, l'ondata di modernismo ne ha dimenticato persino il nome. Eppure ha dipinto grandi teleri, affreschi per le chiese venete – purtroppo molti demoliti dai bombardamenti -, ci sono suoi quadri nei Musei Vaticani, sue incisioni al Louvre e un grande quadro di cavalli è esposto nella galleria d'arte moderna di Chicago, e tantissimi quadri bisognerà rintracciarli presso i grandi collezionisti. Negli ultimi anni della sua vita non resiste alla tentazione di non so bene se 800 milioni o un miliardi di lire, e vendette circa duemila quadri a un collezionista.

Tuttavia se ne pentì subito e volle intentare causa al compratore. Quando venne a casa mia e mi disse che era stato imbrogliato: «Sai fra l'altro mi hanno fatto bere e così non ho capito più niente», mi misi a ridere. Tomiolo era un bevitore senza limiti. Tra lui e Davide Rampello li ho visti bere bottiglie di vino senza nemmeno diventare euforici. Lo sgridai, anche perché non mi aveva avvertito prima. Così ritirò l'idea folle di andare in tribunale, Vendeva i suoi quadri, tra l'altro, a 15-20 milioni l'uno e quello smercio era stata una pazzia.

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