Il Mondo di Eugenio Tomiolo (E.T.)

Opere Pittoriche

EUGENIO TOMIOLO
GALLERIA DEL LEVANTE, via della Spiga, 1 - Milano
Introduzione di Roberto Tassi

Aprile - Giugno 1979

Scapitozzatrice, 1955 - olio/tela, 85 x 50 cm

Scapitozzatrice, 1955

olio/tela, 85 x 50 cm

Legatrice, 1955 - olio/tela, 85 x 50 cm

Legatrice, 1955

olio/tela, 85 x 50 cm

Zucche, 1940 - olio/tela, 44 x 44 cm

Zucche, 1940

olio/tela, 44 x 44 cm

Relitti, 1969 - olio/tela, 50 x 40 cm

Relitti, 1969

olio/tela, 50 x 40 cm

Questa pretesa di scrivere le storie! di stampare su un foglio capitolo primo, o saggio primo o volume primo; di dividere in parti; di stendere cataloghi; per avere ogni cosa sotto mano, date, periodi, movimenti, poetiche e problemi, impadronirsi di tutto e avere l'illusione di tutto dominare. Difficile scrivere le storie. Succede quasi sempre che un poeta ne resti fuori. Si dovranno fare ricuperi, aggiornamenti, aggiungere appendici; quando non occorra capovolgere i percorsi, gli schemi, i valori e i giudizi. E ancora un poeta sfuggirà, nascosto nelle sue solitudini. La vicenda di Eugenio Tomiolo è qui, ora, a farne testimonianza, e a mostrare la sua singolarità di difficile comprensione. Anche lui, come tutti, può vantare qualche mostra, qualche premio, qualche scritto critico, una smilza antologia di riconoscimenti, e un bel volume sulla pittura, un altro bellissimo su quarant'anni di lavoro grafico; ma mai il nome nelle storie, mai l'attestato di contribuire veramente a farle, quelle storie, dentro la sostanza e la verità della pittura. Così questa mostra, che deriva da una ricca scelta (una delle diverse possibili) fra tutte le opere accumulate nei cunicoli del suo studio, sarà una felice sorpresa.

Di fronte alla quale sarebbe necessario studiare le ragioni di una tanto inconsueta vicenda; e ne uscirebbe anzitutto quasi un capitolo di sociologia dell'arte e della sua critica. Mentre la fondamentale, delle ragioni, è inerente a lui e alla sua persona artistica. Tomiolo è un poeta; non soltanto per le caratteristiche della sua pittura, e naturalmente non nel senso idealistico per cui tutti i pittori possono esserlo; ma un poeta anche nel suo rapporto con la realtà e nel suo rapporto con l'arte, nel suo modo di farla. Affermazione difficile da giustificarsi: ma c'è in lui un rapporto con la vita, che prescinde da ogni fine, utile, schema e costrizione, lievemente utopico, libero nel suo totale, immediato, sensibile e fluttuante, e pronto sempre ad essere trasferito in una simbolizzazione, in figure di allegoria, di copertura o di metafora, sia nel discorso, nel dialogo, quindi ancora nella vita, sia nell'immaginazione pittorica, quindi già al di là, nell'arte. C'è in lui la costante tendenza alla trasgressione, la facilità a esser di continuo sull'equilibrio dell'azzardo, e il sentimento di esporsi al pericolo, di affrontarlo, e anzi di giocarlo in ogni momento sulla tela o sulla lastra dell'incisione.

Rapporti così complicati e non tranquilli tra lui, la vita e la pittura, hanno contribuito a farlo abitare sempre nelle zone laterali, a percorrere sempre i «sentieri interrotti», a essere, nei confronti delle attualità, dei movimenti centrali, sempre un po' prima o un po' dopo, in anticipo o in ritardo, a vivere cioè poeticamente un proprio tempo e ad essere poeticamente vissuto dal tempo.

A questo punto non posso fare a meno di riportare, perché venga letta di nuovo, una pagina bellissima scritta per Tomiolo, per il suo modo di vivere e di dipingere, da un altro poeta, in versi questo, Francesco Loi: «un nero messo su tela non può essere cancellato e non può essere corretto - qui si parla della pretesa di tornare a zero, di giocare appunto con dadi che eludono la tangibilità di un gesto - si muta ancora un rapporto: è questa sacralità della misura che dà le vertigini e frena la lucidità del dipingere: mettete un nero sulla tela! Quanta matematica e quanta ubriacatura d'infinito! È necessario perdersi nei sogni e riconoscersi e rimanere come sospesi, a lungo dubbiosi e temerari, ma è doveroso faticare sui numeri, faticare sulle materie, fare come uno che conducono alla morte e impreca contro gli stradini che non hanno ben selciato la strada e si attarda ad allacciare una scarpa e suggerisce agli esecutori di oliare bene le armi che non s'inceppino: correre incontro ai sogni e fermarsi e considerarli e rallentare la corsa, sfuggire in un certo senso, rimandare e correre e correre, e arrivare quasi trafelato e però paziente a osare il gesto: mettere un nero come un coltello, come una decisione molto importante per ognuno di voi, quella che non confidate e compite con leggerezza come un tradimento: mettete un nero sulla tela! I professori si applicano ai meccanismi e sanno confondere l'uomo: basta così poco per iscrivere un artista nella storia degli uomini! Ma essere un professore che si confonde, ma guardarsi mentre ci si confonde e nello smarrimento agire: non è facile, non è più come un gioco. Nell'operare c'è qualcosa di più temibile di qualsiasi schema, si intravvede la sconosciuta libertà di un fanciullo». E più avanti a conclusione: «ma Tomiolo si pericola nel mettere un nero». Questa di Loi è proprio la descrizione di chi, dipingendo, è poeta; di chi «si pericola» nel porre i colori sulla tela, nell'incidere la lastra, e nel compiere gli atti, nel vivere i sentimenti e i rapporti, dell'esistenza.

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